#quattro elementi
Explore tagged Tumblr posts
Text
Dio ci ha dato la terra in prestito, non in eredità
L’incendio che ha devastato la collina di #Hollywood e continua a imperversare su Los Angeles è molto più di una calamità naturale: è un potente simbolo dell’arroganza umana, soprattutto di chi si illude che il denaro possa renderlo invincibile, immune dalle leggi fondamentali della natura. Il potere e la ricchezza costruiscono torri d’illusione, innalzate con orgoglio da chi crede di poter…
View On WordPress
#AFD#alluvioni#ambiente#AngeliKaMente#arroganza umana#Bauman#cambiamenti climatici#catastrofi naturali#cecità morale#Civiltà#clima#denaro e potere#divisione sociale#egoismo#incendi#isolazionismo#mareggiate#Musk#natura#odio#politiche delle destre#quattro elementi#responsabilità sociale#Rispetto per la Natura#solidarietà#terremoti#Trump#umanità fragile
0 notes
Text

Fabergé
L'Uovo del palazzo di Gatčina è una delle uova imperiali Fabergé, un uovo di Pasqua gioiello che l'ultimo Zar di Russia, Nicola II donò a sua madre l'Imperatrice vedova Marija, nel 1901.
Fu fabbricato a San Pietroburgo nel 1901 sotto la supervisione di Michael Perkhin,per conto del gioielliere russo Peter Carl Fabergé.
L'uovo d'oro è coperto da vari strati di smaltato bianco traslucido su un fondo arabescato con tecnica ghiglioscé e dipinto con un delicato disegno di rose rosa e ghirlande di foglie verdi e oro legate con fiocchi di nastri rossi in una varietà di festoni.
File di perline dividono l'uovo in dodici pannelli: verticalmente in sei spicchi ed orizzontalmente lungo il bordo dell'apertura. Alle due estremità sono fissati diamanti tagliati come lastre sottili, probabilmente per coprire il monogramma e l'anno del dono, che però sono stati rimossi. L'interno è foderato in velluto.
La parte superiore dell'uovo si apre per rivelare una riproduzione in miniatura, in oro di quattro colori, della residenza invernale principale dell'Imperatrice vedova: il palazzo costruito a Gatchina, un villaggio 45 chilometri a sud-ovest di San Pietroburgo, per il conte Grigorij Grigor'evič Orlov ed in seguito acquistato dallo Zar Paolo I.
La miniatura riproduce nei dettagli anche l'area attorno al palazzo, sono presenti cannoni, una bandiera, una statua di Paolo I, ed elementi del paesaggio.
65 notes
·
View notes
Text
Aspetti tecnici: la rappresentazione del corpo umano
Il nudo è diventato una specie di arte rappresentativa, in particolare nella pittura, nella scultura, e nella fotografia. Raffigura persone senza indumenti, di solito con stili che distinguono gli elementi artistici dell'essere nudo senza essere provocatorio. In particolare nelle arti figurative si distingue il "nudo artistico" dal "nudo erotico", nel primo caso si tende a mostrare la bellezza, mentre nel secondo viene messa in evidenza la sensualità.
La nudità nell'arte, anche quando mostrata pubblicamente, per esempio, una statua o un dipinto che rappresentino una persona nuda, viene accettata con più facilità rispetto a persone nude in un luogo pubblico dove la nudità non è ammessa. Comunque, c'è anche molta arte che raffigura una persona nuda con un pezzo di tessuto che a stento copre i genitali. Uno sketch degli anni sessanta che ha per protagonisti i comici inglesi Peter Cook e Dudley Moore che ammirano Le grandi bagnanti 2 di Cézanne alla Galleria Nazionale di Londra ironicamente suggeriscono che ci devono essere centinaia di dipinti che non sono esposti pubblicamente perché i pochi vestiti non erano al posto giusto mentre gli artisti li dipingevano.
La rappresentazione dell'essere umano è sempre stata la spina dorsale di qualsiasi composizione artistica, questo perché gli esseri umani hanno sempre sentito il bisogno di esprimere se stessi con una semplice descrizione fisica, come nuova creazione della propria forma o anche come evocazione di un mondo ideale a cui aspirare. La rappresentazione della figura umana è praticamente l'unico tema comune in tutti i movimenti artistici, in tutti i periodi storici e in tutte le località geografiche.
Tecnicamente, lo studio del corpo umano si è basato fin dall'arte classica in un ideale di proporzioni armoniche, anche se poi questo ideale è stato rappresentato in maniera più o meno realistica a seconda dei vari stili artistici assunti. Il rapporto è la base di qualsiasi rappresentazione umana e, per usare le parole di Albrecht Dürer: senza proporzione nessuna figura può essere perfetta, anche se vi si mette molto impegno nella sua realizzazione.
Tale proporzione si è fondata per lungo tempo in norme distinte o "canoni" per la sua realizzazione: nell'antico Egitto la misura di base era il pugno chiuso e la larghezza della mano, fa cui è stato ottenuto un modulo di base che si riproduceva per grigie: la testa comprendeva tre moduli, dalle spalle alle ginocchia dieci e dalle ginocchia ai piedi sei.
Per i Greci l'ideale era che l'altezza di un individuo fosse l'equivalente di sette volte e mezzo la dimensione della testa, questo per le statue raffiguranti adulti, mentre da quattro a sei per quelle di bambini e adolescenti. Questo canone proviene, secondo la tradizione, da Policleto, ed è il più classico utilizzato nell'antica Grecia; seguito ad artisti come Fidia, Mirone, Zeusi e Parrasio, anche se ne sono stati utilizzati altri, come quello a otto parti di Lisippo, o quello di Leocare di otto parti e mezzo.
Altri studi stabilirono che l'altezza poteva esser parte di un cerchio centrato sul pube, a sua volta divisibile in altri due, uno superiore centrato sullo sterno ed uno inferiore centrato sulla rotula: per farla breve, è sempre risultato assai difficoltoso stabilire un canone ideale che soddisfasse la generalità degli artisti, e gli studi scientifici a riguardo non hanno fornito a tutt'oggi alcun risultato oggettivo.
Un altro importante fattore nello studio della figura umana era quello riguardante l'anatomia, sia ossea che muscolare: lo scheletro è costituito da 233 ossa, formanti un sistema integrato che permette la gran varietà di posture e movimenti eseguibili dal corpo umano. Da parte, loro i muscoli sono strutture fibrose che contribuiscono a tener unite saldamente le ossa e permettono il movimento in azioni di contrazione e allungamento percepibili nella complessione-carnagione del corpo, quindi sono della massima importanza per una esatta rappresentazione artistica. Il corpo ha un numero compreso tra 460 e 510 muscoli, soggetti ad una meccanica del tutto simile a quella della leva: si esercita una potenza per superare e vincere una resistenza, sostenendosi all'articolazione come fulcro e punto d'appoggio.

Copia della statua del Fauno danzante, di Anton Raphael Mengs (1778)
Ogni parte del corpo ha le sue caratteristiche tecniche più proprie; il tronco è solitamente realizzato di forma quadrangolare, suddiviso in tre parti: dal pube all'ombelico, dall'ombelico alla linea inferiore dei pettorali e da questi alla testa. Per eseguirne una buona rappresentazione si deve tener conto anche della forma della colonna vertebrale. Per quanto riguarda il tronco, ovviamente varia a seconda che sia quello di un maschio o di una femmina, essendo più spigoloso e muscoloso il primo, più liscio e arrotondato il secondo. Per quanto riguarda braccia, gambe, mani e piedi, rimane essenziale lo studio del movimento articolato e del rilievo anatomico,ove sono più evidenti le forme ossee e muscolari. Occorre anche tener ben presente che soprattutto tra le braccia e le spalle del maschio si concentrano la forza e la gestualità dell'intera figura e che l'avambraccio ha diversi movimenti a disposizione, dalla pronazione alla supinazione. Le mani costituiscono la parte più articolata del corpo e grazie al suo gran numero di posizioni e gesti rappresenta un autentico linguaggio comunicativo corporeo completo. Infine la testa è una parte essenziale del corpo, in quanto il volto è la regione fisica più differenziata d'ogni individuo, distinguendolo da tutti gli altri; l'espressione facciale può indicare un'infinità di sentimenti e stati d'animo. In termini di proporzione la testa è simmetrica se vista di fronte: il suo centro si viene a trovare tra le sopracciglia, con una dimensione che è tre volte e mezza quella dell'altezza della fronte, in tre moduli che corrispondono uno alla fronte, un altro che va dalle sopracciglia alla punta del naso ed l'ultimo dalla punta del naso fino al mento.
L'anatomia artistica ha proceduto durante tutto il periodo del Rinascimento in parallelo con le scoperte della scienza medica che si basavano allora quasi esclusivamente sulla dissezione dei cadaveri; mentre nell'antichità classica non esistono dati a supporto di uno studio scientifico del corpo, essendo una semplice osservazione realistica della natura. Tanto gli artisti quanto i medici e gli scienziati studiarono così a fondo le ossa, i muscoli e le altre parti del corpo e da qui trassero quelle conoscenze che poi applicarono alle loro opere.

Studio anatomico di Leonardo Da Vinci.
Degni di nota a questo proposito sono gli studi di Andrea Vesalio il quale nel 1543 pubblicò il De humani corporis fabrica, uno studio anatomico del corpo a base di dissezioni; accanto al testo sono poste tavole illustrative del corpo umano disegnate da Jan van Calcar, che servirono da base agli artisti per le loro immagini della figura umana sempre più fondata sul realismo oggettivo. Le tavole di questo libro sono state progettate con criteri artistici, appaiono scheletri e figure scorticate in pose artistiche o in atteggiamenti gesticolanti quasi teatrali.
Tuttavia a partire dal XVIII secolo in parallelo alla conservazione degli studi artistici per le accademie nazionali - responsabili della formazione dei futuri artisti - l'arte e la scienza cominciarono a divergere sempre di più, specializzandosi e concentrandosi sui propri rispettivi ruoli. L'anatomia accademica si è basata su manuali con illustrazioni del corpo raffigurato artisticamente, di solito ispirandosi alla scultura antica. Così era comune in tutte le scuole la presenza di manichini articolati e statue maschili scuoiate, tra i più famosi dei quali quelli progettati e disegnati da Jean-Antoine Houdon.
Altri aspetti da considerare sono rappresentati dal movimento umano e dalla postura assunta. Il movimento si basa su due assi fondamentali: orizzontale (spalle, vita e fianchi) e verticale (tronco, addome, testa, gambe e braccia).
Un fattore che arricchisce la rappresentazione della figura umana è dato dalla presenza o meno di luce la quale colpendo i volumi può generare limiti visivi differenti a seconda dei vari giochi di luci e ombre (chiaroscuro), arricchendo notevolmente il profilo anatomico.
Quanto al cromatismo, sebbene il punto di partenza sia il colore della carne, questo può variare da arancione pallido a ocra a rosa, anche se di solito non presenta mai una colorazione satura
7/n
8 notes
·
View notes
Text
IMPERDIBILE
Intervista a Putin che spiega le peculiarità delle bombe Oreshnik, tradotta in esclusiva per voi.
Putin: “Abbiamo ingredienti segreti nel menù, che faranno felice il cliente”
Domanda: Oggi ha già parlato molto dell'Oreshnik, ma i media occidentali scrivono che la testata dell'Oreshnik non conteneva esplosivi. E se questo è vero, allora cosa significa? E può dirci qualche altro nuovo dettaglio su Oreshnik? E quanti segreti di questo tipo abbiamo, come ha detto “nel menù, che faranno felice il cliente”? Grazie.
V. Putin: Vede, se dicessi che stiamo effettuando lanci di prova, ciò significa che questo lavoro mira, tra le altre cose, a migliorare queste armi. Questo è vero.
Per quanto riguarda la capacità di colpire, ho già detto la stessa cosa. E se utilizzi diversi sistemi di questo tipo in un colpo contemporaneamente, utilizzando due, tre, quattro complessi, ciò sarà paragonabile in forza all'uso di armi nucleari. Ma non è nucleare, perché è: a) ad alta precisione; b) non è dotato di un ordigno esplosivo nucleare e non contamina l'ambiente. Ma la forza sarà paragonabile.
Per quanto riguarda la questione se ci fosse o meno un esplosivo lì. Lo ripeto ancora una volta: ecco perché è in fase di test, per capire cosa bisogna fare in più. E qui non c’è nessun grande segreto; gli esperti capiranno immediatamente di cosa sto parlando. Quando parlo di miglioramento significa innanzitutto giocare tra gittata e testata.
Maggiore è la portata, più piccola è la testata; minore è la portata, più potente è la testata. Perché questo sistema solleva più peso che è utile in questo caso, tutto qui. E per obiettivi a distanze diverse, a quanto pare, sono necessari diversi tipi di missili, ma, in ogni caso, equipaggiamenti diversi per questi missili, equipaggiamento per questo missile, la sua testata. Dobbiamo lavorare qui. Questo non è un lavoro facile, anche questo è disturbo ossessivo compulsivo, probabilmente aggiuntivo, e così via.
Per quanto riguarda questo missile che abbiamo utilizzato, gli elementi corrispondenti sono stati utilizzati come elementi distruttivi, sono anch'essi elementi distruttivi. Ho già detto che si tratta di elementi piuttosto potenti che si riscaldano fino a una temperatura di 4000 gradi. Non lo so, puoi cercarlo su Internet, ma sulla superficie del Sole, secondo me, ci sono 5,6–6mila gradi. Paragonabile alla temperatura sulla superficie del Sole.
Colpo cinetico: un colpo potente, come la caduta di un meteorite. Sappiamo nella storia come e quali meteoriti caddero, dove e quali furono le conseguenze. Questo bastò a formare interi laghi, giusto? A cosa ha portato il meteorite di Tunguska? È noto.
È lo stesso qui. I danni sono molto gravi: tutto ciò che si trova al centro viene ridotto in cenere, si decompone nei suoi elementi componenti e vengono colpiti gli oggetti che si trovano a una profondità di tre o quattro piani, forse anche più in basso. Inoltre, questi non sono solo pavimenti, ma strutture fortificate. La forza d'impatto è colossale. Ovviamente puoi aggiungerne altri e sarà ancora più potente. La cosa principale è che il modello fondamentale è stato creato, funziona e funziona come previsto dai suoi creatori. Questa è un'arma precisa e ad alta potenza.
Domanda: È in fase di sviluppo qualcos'altro di questo tipo?
Abbiamo parlato di "Oreshnik" solo dopo i suoi test. Abbiamo resistito fino al momento in cui abbiamo effettuato questo test e, a dire il vero, abbiamo visto il risultato. Dopodiché hanno detto. Questo è il caso in cui il clamore è inappropriato.
Spiega meglio di Tajani, ammettiamolo.
Segui ➡️ 🌐 t.me/ArsenaleKappa 🅰️ 💥💥
ㅤ
9 notes
·
View notes
Text
Il volto umano è una forza vuota, un campo di morte.
La vecchia rivendicazione rivoluzionaria di una forma che non ha mai corrisposto al suo corpo, che era nato per essere altra cosa dal corpo.
È perciò assurdo rimproverare di essere accademico a un pittore che si ostina tuttora a riprodurre i tratti del volto umano così come sono; perché così come sono essi non hanno ancora trovato la forma che indicano e designano; e sono ben altro che semplici schizzi, ma dal mattino alla sera, e nel mezzo di diecimila sogni, pestano come nel crogiolo di una palpitazione passionale mai stanca.
Ciò significa che il volto umano non ha ancora trovato la sua faccia e che sta al pittore procurargliela.
Ma questo significa che la faccia umana così com’è la si cerca ancora con due occhi, un naso, una bocca e le due cavità auricolari che corrispondono ai buchi delle orbite come le quattro aperture della tomba della morte prossima.
Il volto umano porta in effetti una specie di morte perpetua sul suo volto che sta proprio al pittore salvarlo restituendogli i suoi propri tratti.
Dopo mille e mille anni infatti che il volto umano parla e respira si ha ancora come l’impressione che non abbia ancora cominciato a dire quello che è e quello che sa.
E io non conosco un pittore nella storia dell’arte, da Holbein a Ingres, che, questo volto d’uomo, sia riuscito a farlo parlare. I ritratti di Holbein o di Ingres sono muri spessi, che non spiegano niente dell’antica architettura mortale che s’inarca sotto gli archi di volta delle palpebre, o s’incastra nel tunnel cilindrico delle due cavità murali delle orecchie.
Soltanto van Gogh ha saputo trarre da una testa umana un ritratto che sia il detonatore esplosivo del battito di un cuore scoppiato.
Il suo.
La testa di van Gogh con il cappello floscio rende nulli e inesistenti tutti i tentativi di pitture astratte che potranno essere fatte dopo di lui, sino alla fine delle eternità.
Perché quel volto di macellaio avido, scagliato come un colpo di cannone sulla superficie più estrema della tela,
e che all’improvviso si vede fermato
da un occhio vuoto,
e rivoltato verso l’interno,
esaurisce completamente tutti i segreti più ingannevoli del mondo astratto di cui la pittura non figurativa può compiacersi,
è per questo che nei ritratti che ho disegnato
ho evitato prima di tutto di dimenticare il naso, la bocca, gli occhi, le orecchie o i capelli, ma ho cercato di far dire al volto che mi parlava
il segreto di una vecchia storia umana che è passata come morta nelle teste di Ingres o di Holbein.
A volte ho fatto venire, accanto alle teste umane, oggetti, alberi o animali perché non sono ancora sicuro dei limiti ai quali il corpo dell’io umano può fermarsi.
Del resto ho rotto definitivamente con l’arte, lo stile o il talento in tutti i disegni che si vedranno qui. Voglio dire, peggio per chi li considererebbe opere d’arte, opere di simulazione estetica della realtà.
Nessuno di essi è propriamente un’opera.
Sono tutti abbozzi, cioè colpi di sonda o di spatola dati in tutte le direzioni dal caso, dalla possibilità, dalla fortuna o dal destino.
Non ho cercato di curarvi i miei tratti o i miei effetti,
ma di manifestarvi delle specie di verità lineari evidenti che valgono tanto per le parole, le frasi scritte, quanto per il grafismo e la prospettiva dei tratti.
È per questo che numerosi disegni sono mescolanze di poesie e di ritratti, di interiezioni scritte e di evocazioni plastiche di elementi, di materiali, di personaggi, di uomini o di animali.
È così che bisogna accogliere questi disegni nella barbarie e nel disordine del loro grafismo «che non si è mai preoccupato dell’arte» ma della sincerità e della spontaneità del tratto.
Antonin Artaud, Quaderno 316, giugno - agosto 1947
9 notes
·
View notes
Text
Ci sono quattro modi, e solo quattro modi, coi quali siamo in contatto col mondo.
Noi siamo valutati e classificati da questi quattro elementi:
ciò che facciamo,
come appariamo,
ciò che diciamo
e come lo diciamo.
- Dale Carnegie
35 notes
·
View notes
Text
Chi l'avrebbe mai pensato che per vivere un po' di magia celtica sarebbe bastato andare ai colli della mia città in questa notte di San Giovanni e seguire la tradizione di questa festa nella versione cristiana che non si discosta di molto dalla Beltane celtica, anche qui fanno da protagonisti il legame della vita contadina con i quattro elementi e i balli "attorno" al fuoco, oltre che l'acqua come purificazione e il salto del fuoco come prova per suggellare una promessa ed anche l'acqua-rugiada da tenere in un barattolo di vetro sul davanzale della finestra durante una notte di luna piena, il che somiglia davvero molto al rituale dell'acqua lunare, tant'è che anche in questo caso al mattino bisogna lavarsi il viso con quest'acqua caricata di energia spirituale; inoltre entrambe le feste segnano l'inizio dell'estate.
La festa di San Giovanni
La notte di San Giovanni tra il 23 e il 24 giugno si celebra una festa antichissima probabilmente risalente all'epoca italica, è la festa dei fuochi tant'è che dopo 6 mesi da questa festa ci troviamo nel periodo natalizio con un fuoco che contiene il sole che si fa via via più debole e con le giornate sempre più corte, mentre durante questa festa che corrisponde al giorno più lungo dell'anno abbiamo il fuoco di San Giovanni che purifica e che segna l'inizio del periodo più importante del ciclo calendariale agrario cioè il tempo del raccolto. Altro elemento purificatore è l'acqua, infatti il rituale del ramajietto prevede due prove quella dell'acqua e quella del fuoco da fare insieme alla persona che si sceglie come compare o commare a fiure.
In questa notte magica fiorisce la felce e quindi è la notte perfetta per scambiarsi dei mazzi di erbe aromatiche, i ramajietti, in cui ogni pianta ha la sua simbologia. Come ad esempio l'iberico, l'erba di San Giovanni i cui fiori gialli ricordano il sole e dai quali se vengono strofinati esce un succo rosso che richiama il sangue versato da San Giovanni, e attraverso questo scambio si rafforza il legame di solidarietà e d'amore tra le due persone che diventano più che parenti, appunto compare quindi come un padre e commare come una madre.
Un tempo questa festa avveniva nelle buie campagne dove a illuminare c'erano tanti fuochi accesi in ogni contrada, e si aspettava l'alba danzando la quadriglia intorno al fuoco e andando in spiaggia ad attendere il sorgere del sole e dentro al sole si doveva riuscire a vedere la testa di San Giovanni che si bagna per tre volte nell'acqua, inoltre una volta arrivata l'alba ci si bagnava nella rugiada come ad iniziare una nuova vita purificati, oppure si raccoglieva la rugiada in dei barattoli di vetro e dopo averla lasciata sul davanzale della finestra per tutta la notte ci si lavava il viso purificando così anima e mente oppure ancora si rompeva un uovo e si conservava l'albume dentro un bicchiere d'acqua tenendolo sul davanzale della finestra, al mattino l'albume aveva preso una forma particolare e la tradizione vuole che la forma di un grande e maestoso veliero simboleggi un anno meraviglioso, mentre quella di una barchetta più piccola un anno un po' così così in cui bisogna darsi da fare e remare per renderlo migliore.
Questa quindi è una festa contadina legata al ciclo calendariale agrario motivo per cui il simbolo del ramajietto è proprio un mazzetto di nove erbe aromatiche e medicinali legate quindi alla natura e ai suoi elementi: il sole e quindi il Fuoco, l'Acqua, l'Aria e la Terra che si ritrovano insieme in questo simbolo. Queste erbe rappresentano le sensibilità come la vista, l'olfatto e la meraviglia della natura, motivo per cui la civiltà contadina ricorreva a queste piante nel momento del bisogno.
Il rituale del ramajietto:
Viene prima di tutto pronunciata la promessa di volersi sempre bene davanti alla fontana:
Cumpare e cumparozz facemc ste nozz
Se ci vulem bene a lu paradise c'artruvem
Se male ci purtem a l'infern ci niem
Dopo aver pronunciato insieme questa promessa per sugellarla ci si abbraccia.
Dopodiché tenendosi per mano si fa il salto del fuoco e infine se questo vincolo viene accettato con impegno si conferma riconsegnandosi il ramajietto il giorno di San Pietro e Paolo, quindi dopo una settimana di riflessione.


Costumi tradizionali:
Per quanto riguarda le dame, queste indossavano abiti tradizionali del paese in cui vivevano, perché ci sono differenze tra i paesi sulla costa e quelli dell'entroterra in particolare i colori vivaci e il corpetto più alto e robusto per la costa e più basso ad esempio nel chietino, inoltre il costume della costa poteva venire arricchito di seta, frutto del commercio marittimo dell'epoca. Entrambe impreziosite con la classica presentosa abruzzese, anch'essa con le sue varianti in base alla zona, si tratta di un gioiello con intarsi in filigrana a riccioli o ad altre forme, dorata e a forma di stella con molteplici punte e uno o più cuori al centro. Inoltre l'abito cambiava nel momento in cui sposandosi si andava a vivere in un paese differente, indossando quindi quello del posto.
Invece gli uomini indossavano tutti delle vesti molto simili tra loro perché non volevano essere riconosciuti.
#pensieri per la testa#persa tra i miei pensieri#fotografia#foto#scatto fotografico#reportage fotografico#reportage#cultura#storia#tradizione#folklore#tradizione abruzzese#Montesilvano Colle#lu ramajiette#erbe#piante#acqua#fuoco#natura#legame#cumpare#commare#san giovanni#magia#alchimia#Beltane#abruzzesi#acqua lunare#promessa#costumi tradizionali
9 notes
·
View notes
Note
1, 45 🌹
Buongiorno 🌹 grazie per avermi posto queste domande! ✨
1. Libro preferito? 📚
Risposta molto difficile da dare, ma questo è un gioco, perciò alla fine ho fatto la mia scelta: la saga di "Piccole Donne" di Louisa May Alcott, pubblicata dal 1868 al 1886 in quattro volumi: "Piccole donne", "Piccole donne crescono", "Piccoli uomini", "I ragazzi di Jo".
La storia è semplice, i personaggi sono ben sviluppati ed è tutto lineare: nessun colpo di scena, conflitto tra buoni e cattivi, né avventura. Intriso di moralità americana, è un inno alla bellezza del quotidiano e un invito a rendere il mondo un posto migliore attraverso i nostri doni e le nostre scelte, ma anche un vero e proprio manifesto femminista, che utilizza le vicende di una normale famiglia per fornire un esempio concreto di società paritaria, giusta, in cui uomini e donne crescono insieme e lavorano in squadra per raggiungere un fine comune, più nobile, oltre il genere e il ceto di appartenenza: la felicità e la libertà di trovare la propria strada, rimanendo sempre fedeli a sé stessi.
Obiettivamente parlando, a parte la trama e i valori morali che amo e condivido, dal punto di vista dello spessore psicologico dei personaggi sono stati scritti libri più avvincenti, con elementi chiaroscuri, tormenti, mille sfaccettature. Perché allora ho scelto quest'opera?
Perché, al di là dei punti di forza e debolezza sopradescritti, mai nella mia vita da lettrice mi era capitato di trovare il mio alter ego letterario, finché non mi sono imbattuta in Jo March. A parte alcune differenze nell'aspetto fisico, infatti, nell'anima siamo praticamente identiche. Ricordo che man mano che leggevo inviavo le foto delle parti in cui lei era emotivamente coinvolta al mio migliore amico, il quale, senza che lo condizionassi, confermava ogni nostra somiglianza e aveva i brividi, come me. In generale, anche familiari e amici più cari si sono trovati sulla stessa linea di pensiero. Sono quindi legata a quest'opera ad un livello molto più profondo degli altri e non è qualcosa che capita così soventemente. Credo sia un fatto straordinario. ✨
45. Quale personaggio Disney pensi di essere? 🏰
Quando ero bambina pensavo di essere Ariel, ma ora che sono una donna adulta credo di essere un'unione di Belle e Mulan.
Come Belle, amo leggere e sognare, rimango fedele a me stessa senza scendere a compromessi, anche a costo di rimanere sola; sono gentile, dolce, sorridente e generosa con tutti ma apro il mio cuore solo a pochi eletti; inoltre, vado sempre oltre l'apparenza delle situazioni e delle persone, risultando "troppo buona" agli occhi degli altri, anche se, a mio avviso, avere l'intelligenza emotiva e l'empatia elevate è una grande ricchezza. 🌹
Come Mulan, ho un forte senso del dovere, tanto da essere molto severa con me stessa; sono goffa e imbranata, ma anche determinata, coraggiosa e pronta a combattere per i miei obiettivi e valori, più con i fatti che con le parole. Ancora non so se il mio riflesso sia uguale a me, credo sia un interrogativo da porsi ogni giorno, dinanzi alle scelte grandi e piccole. Infine, "Il fiore che sboccia nelle avversità è il più raro e bello di tutti" è uno dei miei incoraggiamenti preferiti, perché mi ci sono sempre ritrovata. 🌸
11 notes
·
View notes
Text

Siate attenti ad ogni parola che pronunciate, perché nella natura c'è sempre uno dei quattro elementi -la terra, l'acqua, l'aria o il fuoco- che aspetta il momento in cui potrà rivestire di materia tutto ciò che esprimete. La realizzazione si verifica spesso molto lontano dalla persona che ne ha fornito i germi, ma si verifica infallibilmente. Così come il vento trasporta le sementi spargendole lontano, le vostre parole prendono il volo e vanno a produrre in qualche punto dello spazio risultati buoni o cattivi. Perciò, abituatevi a parlare con amore ai fiori, agli uccelli, agli alberi, agli animali e agli esseri umani, perché questa è un'abitudine divina. Chi sa pronunciare parole che riscaldano, vivificano, ispirano e accendono il fuoco sacro, possiede una bacchetta magica nella propria bocca ~ Omraam Mikhaël Aïvanhov ~ Canale @iGuerrieridellAMORE art by_plb606_ ***************************** Be careful with every word you pronounce, because in nature there is always one of the four elements - earth, water, air or fire - waiting for the moment when it can clothe in matter everything you express. Realization often occurs very far from the person who provided the seeds, but it occurs infallibly. Just as the wind carries seeds scattering them far away, your words take flight and go to produce good or bad results somewhere in space. Therefore, get used to speaking with love to flowers, birds, trees, animals and human beings, because this is a divine habit. He who knows how to pronounce words that warm, vivify, inspire and light the sacred fire, has a magic wand in his mouth ~ Omraam Mikhaël Aïvanhov ~ Channel @iGuerrieridellAMORE art by_plb606_
4 notes
·
View notes
Text
L'amore ai tempi dei lupi
– Sono nato nel 1926, un tempo su queste colline che vedi di fronte a te c’erano dei carbonai, estraevano il carbone necessario per far partire i treni – mi disse poco dopo essersi seduto accanto a me.
Mi aveva chiesto di potersi accomodare su una di quelle panchine della villetta comunale, dove andavo spesso a leggere un libro, perché lì giungeva l’ultimo raggio di sole di quella giornata di ottobre. Oggi non ricordo il suo volto, né so se l’ho mai più incontrato. Cominciò a raccontare senza che gli avessi chiesto nulla, era spinto da un’urgenza comunicativa e non me la sentii di oppormi.
– Devi sapere che sulle colline arrivarono dei lupi, forse scappati dal freddo dell’Abruzzo. Un giorno un carbonaio trovò un piccolo lupetto ferito a una gamba, che cercava di riscaldarsi sulla cenere ancora tiepida, e che era residuo del fuoco che gli uomini, i carbonai, avevano acceso la sera precedente. L’uomo si prese cura del lupetto, lo accudì, gli dava da mangiare, lo metteva a dormire al riparo, finché guarì dalla ferita. La sua natura lo riportò dai suoi simili un giorno che sentì un ululato provenire da un punto imprecisato del bosco.
Non sapevo perché avesse deciso di parlarmi di quella vicenda del lupetto, non sapevo nemmeno quanto di leggendario ci fosse nel suo racconto. Il tono con cui raccontava era così privo di enfasi, ma al tempo stesso così partecipato, che restavo ad ascoltarlo con piacere.
– L’anno successivo quello stesso carbonaio aveva posto della carne all’interno del suo accampamento di fortuna. Una sera, rientrando dal lavoro, trovò sei lupi affamati che gli stavano sottraendo il cibo. Si sentì spacciato. Sbagliava. Il capo – branco era il lupo che egli aveva salvato l’anno precedente. Con una serie di ululati strani, il lupo riconoscente quietò i suoi compari, che continuarono a mangiare la carne senza avventarsi sull’uomo. Il lupo ha buona memoria, a quanto pare.
Anche “l’uomo con gli occhi del 1926” ne aveva, a giudicare da quel che mi raccontava. Non indagai sulla veridicità della storia, del resto lui si limitava a riferirmela, e se anche avesse aggiunto elementi romanzeschi, che ci sarebbe stato poi di tanto grave?
Continuò in una sorta di flusso di coscienza ininterrotto, come spesso accade a coloro che hanno una certa età e che ricordano episodi lontani nel tempo in ogni minimo dettaglio.
Mi raccontò anche la sua personale storia di guerra, che in quanto personale è inevitabilmente soggettiva, condizionata, limitata, ma non per questo meno reale.
Dove oggi sorge un campo di calcetto, all’epoca della seconda guerra mondiale c’erano, almeno stando a quel che mi raccontò l’uomo, quattro cannoni della contraerea tedesca.
– I tedeschi, quelli che stavano nella mia zona, avevano un buon rapporto con la popolazione. Mussolini aveva emanato una legge per razionare il grano, quello in eccesso doveva essere portato all’ammasso.
Sui tedeschi e su Mussolini avevo da ridire, strabuzzai gli occhi e lui colse il mio sgomento, ma poi capii che lui non era un nostalgico fascista, che non ignorava, adesso, quel che il nazismo e il fascismo hanno rappresentato. Solo che “quei” tedeschi, quelli della sua minima e privata storia, non erano orchi, almeno a lui non apparvero tali.
– Gli americani, che erano giunti per liberarci, bombardarono senza stare troppo a distinguere i veri obiettivi delle bombe. Un giorno vidi a 40 – 50 metri da me cadere qualcosa dal cielo, pensavo fossero pacchi di pane o comunque cibo, invece erano bombe, ed è solo per un miracolo che sono qui a raccontarti questa storia. C’era un mulino, le madri di famiglia andavano lì a prendere il pane per sfamare i figli. Un giorno un bombardiere americano sganciò una bomba uccidendo una settantina di persone.
Ascoltavo ripromettendomi di indagare più a fondo sulle vicende, anche se temevo (cosa che infatti accadde) che di lì a pochi giorni mi sarei dimenticato di questo proposito, preso dalle mie questioni personali.
– Poi c’erano i tedeschi cattivi, lo so. C’erano anche tanti italiani che saltarono da un carro all’altro non appena si presentava l’occasione, gli apparati che avrebbero dovuto proteggerci erano tutti corrotti.
Parlava, ripeto, senza retorica, nonostante stesse descrivendo avvenimenti enormi. Pensavo a un uomo di oggi, mediamente inserito, né guerrafondaio né troppo impegnato politicamente, che all’improvviso si trova in mezzo a eserciti, bombe, armistizi, razzie, soprusi, stupri. Per quanti sforzi potessi fare, però, il mio pensiero non poteva neanche minimamente paragonarsi al suo ricordo. Lui aveva vissuto certe situazioni, io no, e questo scava un abisso.Lo ascoltavo, ogni tanto facevo qualche domanda ma lasciavo che fosse lui, se voleva, a raccontare, perché non avevo intenzione di risvegliare ricordi terribili oltre a quelli che già aveva.
Poi, improvvisamente, dopo un po’, cambiò discorso. Prese a parlarmi della sua vita sentimentale, di come aveva conosciuto sua moglie, della sua vita da esule all’estero, per lavoro, dove aveva incontrato italiani disonesti che l’avevano raggirato.
– L’uomo e la donna sono piccole colture selvagge, destinate a rimanere tali fino a che non s’incontrano per germogliare altri fiori. Mia moglie l’ho conosciuta in un pomeriggio del 1950. C’era il sole, come oggi. La vidi seduta di fronte a una bottega. Chiesi a un mio amico di accompagnarmi, mi vergognavo di dirle che mi ero innamorato.
Sorrisi, ripensando a quante volte mi ero sentito stupido nell’infatuarmi così, al primo sguardo. Ebbi la conferma che questo genere di follie erano sempre accadute.
– La mamma della ragazza mi disse che non era il caso. Poi, però, ci frequentammo, ci innamorammo l’uno dell’altro e dalla nostra unione nacquero dei figli. Le piccole colture selvagge avevano dato frutti.
L’uomo con gli occhi del 1926 mi aveva raccontato tutto questo, quel giorno, e ancora oggi non so perché.
– Tu ce l’hai una ragazza? – mi chiese poi alla fine del racconto.
– No – gli risposi sorridendo.
– Quanti anni hai?
– Trentadue.
– Ti facevo più giovane! Ti devi sbrigare, devi trovare una ragazza! – mi disse colpendomi affettuosamente sulla spalla sinistra.
Passeggio ancora per le strade del mio paese. Mi siedo spesso su quella panchina dove due anni fa “l’uomo con gli occhi del 1926” mi affiancò. Non sempre c’è il sole. Quasi mai c’è compagnia.
Oggi pomeriggio ho ripensato a quel giorno, alla sua pacca sulla spalla, alla storia delle “piccole colture selvagge”, alla bottega aperta in una domenica pomeriggio del 1950.
La strada principale del mio paese è illuminata a festa.Fa freddo. Pochi temerari girano per le strade. Ogni tanto passa una coppia. Allora può accadere che mi torni alla mente quella domanda.
– Tu ce l’hai una ragazza?
E’ strano come ciò che un tempo ti avrebbe ferito, solo due anni dopo ti fa sorridere. Non credo che la “maturità” in tutto questo c’entri qualcosa. Piuttosto penso che si tratti di “oblio”. Per essere più preciso: non penso più. Sorrido.
---
3 notes
·
View notes
Text
Diceva Ennio Flaiano che, se il “medium è il messaggio” (copyright di Marshall McLuhan), è il postino che dobbiamo leggere, non le sue lettere. Fuor di battuta, basta possedere il medium, ossia avere buone risorse comunicative, per disporre del messaggio -e dunque manipolare e ingannare a proprio comodo. Dopo la Brexit e la vittoria di Donald Trump nel 2016, l’Oxford Dictionary scelse “post-truth”, post-verità, come parola internazionale dell’anno. Ma almeno da un quindicennio c’è un vero boom degli studi “sull’èra dell’impostura”.
Ora, che l’esplosione del Web sia coeva all’ascesa di movimenti e partiti populisti in tutto l’occidente non può essere una pura coincidenza. Secondo il politologo inglese Paul Taggart il pupulismo ha avuto molti padroni, perché è stato uno strumento dei progressisti, dei reazionari, degli autocrati, della sinistra e della destra. In ogni caso, resta una “ideologia debole”, nelle cui manifestazioni storiche sono tuttavia ricorrenti alcuni elementi distintivi: primo tra tutti l’appello diretto al popolo, senza mediazioni istituzionali, contro le élite dominanti.
Per rispondere alla domanda se i social network amplifichino semplicemente o favoriscano il populismo, bisogna tenere presente che le bugie su Internet sono avvantaggiate da tre fattori: la possibilità dell’anonimato; la possibilità di raggiungere rapidamente un vastissimo numero di persone: il fenomeno delle “cascate” informative (la bufala virale). Siamo quindi ben lontani da quella “cyberdemocracy”, contraria a ogni oligarchia intellettuale e politica, immaginata da Nicholas Negroponte e da altri profeti del Web come Gianroberto Casaleggio.
Non voglio dire che Internet ci renda ineluttabilmente stupidi o più bugiardi, come sosteneva Umberto Eco. Riflettiamo però su un punto. Come osserva la filosofa Franca D’Agostini in un aureo volumetto, mentre agli albori della cultura digitale si pensava che la nuova “trasparenza” e le nuove opportunità di partecipazione avrebbero dato un colpo decisivo alle concentrazioni di potere e ai vertici di gestione delle conoscenze, oggi tutti sanno che la massa delle informazioni è governata da quattro o cinque gruppi, i quali possono decidere la sistematica violazione della verità fattuale, rendendo difficile lo smascheramento del falso (“Menzogna”, Bollati Boringhieri, 2012).
In questo senso, non c’è da stupirsi se il “chiunque” trionfatore della Rete si trasforma in un professionista della provocazione. Complottismo e odio per l’establishment: non sono forse i grandi protagonisti della sindrome populista? Quest’ultima si basa su due radicate convinzioni: che il popolo sia depositario della verità e che sia, insieme, vittima dei raggiri della casta dei politicanti. Sul fuoco del populismo soffia poi la Rete, con le crociate contro le potenze mondialiste che tessono incessantemente le loro trame per meglio sottomettere i perdenti della globalizzazione. Mancano le prove, ma che importa? La loro assenza è la migliore conferma che il Male agisce di nascosto.
Così il Web, simbolo della modernità, diventa paradossalmente strumento di resistenza alla modernità, alle innovazioni tecnologiche, alle scoperte scientifiche, ai progressi della medicina. In altre parole, l’essenza del “grillismo” (che sopravvive a Beppe Grillo). C’è soprattutto un modo per contrastare questi bias cognitivi, come li chiamerebbero i neuroscienziati: più cultura, più istruzione, più formazione continua per i giovani e i meno giovani, per chi studia e chi lavora.
In un paese che vanta uno dei più alti tassi di analfabetismo funzionale in Europa (dati Ocse), non dovrebbe essere questa una delle principali missioni delle forze riformiste?
2 notes
·
View notes
Text
OPTIMUS PRIME ( Deluxe ) Movie Studio Series 112

Ed il primo modellino degli Studio Series dedicato al film di Transformers One, uscito in concomitanza proprio col lungometraggio, non poteva che essere quello di OPTIMUS PRIME! … anche se un po' fa strano, dato che al cinema il personaggio è perlopiù del tempo nelle fattezze di Orion Pax MA il giocattolo in questione è solo un classe Deluxe! :O
Infatti già fa strano questa declassazione di Optimus negli SS, dal consueto Voyager ad un Deluxe, quasi a ricreare una nuova scala per questo film rispetto agli omonimi di altri lungometraggi e serie, ma appunto avrebbe avuto più senso fare un Orion Pax Deluxe il quale poi si sarebbe tramutato in un Optimus Voyager, un po' come si vede appunto al cinema!
Oppure, a questo punto, ci si può aspettare MAGARI un'uscita futura di un Deluxe 2 pack con un Orion trasformabile ed un altro no senza il T-Cog, proprio per ricercare la fedeltà cinematografica! :D …No, eh? ^^'

Vabbè, elucubrazioni di ipotetiche uscite a parte, il ROBOT perlomeno è un Deluxe altino: non dico che raggiunga l'Op Earthrise, ma almeno rivaleggiucchia un po' con quello WfC Gamer Edition, suo collega poi in quanto a tematica d'aspetto. Infatti questa ennesima versione pre terrestre di Commander aggiungerebbe poco a quanto già visto negli anni passati: diciamo che non è barocco come i vari WfC dei videogiochi, ma più asciutto e con i soliti particolari classici, con gli avambracci però ora grigi e un'unico finestrone sul petto, questo fatto apposta in modo da far intravedere la Matrice al suo interno.

A proposito di accessori staccabili, sulla schiena il nostro si trova una sorta di zainata / coperchio un po' come quella dell'Optimus Siege, cui va messo a riposo l'accessorio con le bocche di fuoco frontali del veicolo cui si trasforma ( che però è un po' attaccato con lo sputo, diciamo ), così come le iconiche canne fumarie sulle spalle sono staccabili ed impugnabili, mentre come arma Optimus One ha solo l'ascia d'Energon in plastica azzurra trasparente.

Tornando all'aspetto del robot, a voler spaccare il capello in quattro, nonostante si presenti bene e ben dipinto con un rosso e blu scuretti ma brillanti, ci sarebbe il grigio che è s�� metallico ma un po' troppo opaco, mentre il petto sovrasta parecchio l'addome che a sua volta soffocato dalle spallone, mentre la testa pare quasi annaspare in mezzo fra queste. Ma niente per cui strapparsi i capelli, per carità, ma magari in un Voyager queste inezie si potevano limare meglio… ;3

Anzi, ok, petto e spallone sono parte del design originale, quindi l'"inestetismo" è a monte e amen, teniamocelo nei modellini fedeli, vabbè.

A proposito poi di fedeltà al media, mi fa specie che abbia la faccia con la mascherina sulla bocca, che ci sarebbe stata bene una gimmick con una doppia testa o che con l'altra senza mascherina, ma ehi, è pur sempre solo un Deluxe! ^^'

D'altro canto, ripeto, è perlomeno altino come Dlx e stra -posabile, con tutto quello che si può volere nel pacchetto della posabilità medio alta, pure la testa che si alza notevolmente, pugni che ruotano, etc. Ah, quasi dimenticavo: ovviamente non ha le mani che si aprono, visto che E' SOLO UN DELUXE, ma può comunque "impugnare" la Matrice tramite dei perni su questa e delle fessurine sui pugni, ok.

Questo modello poi esce in contemporanea con la wave 1 dei Prime Changers, i Deluxe della linea principale del film, dove è presente anche lì un Orion Pax con però mascherina, ascia e canne fumarie di Optimus One, QUINDI a seconda dei punti di vista l'uno potrebbe essere ridondante verso l'altro e viceversa, laddove invece potevano essere complentari se il Prime Changer lo lasciavano con l'aspetto di Pax piuttosto che non pimparlo con quello di Prime, mah!

La TRASFORMAZIONE è grossomodo quella classica, riprendendo elementi dal succitato Siege, con il coperchio / tettuccio e le ruote scolpite che dall'interno delle gambe slittano all'esterno, e con il solito bacino che ruota ed i piedi che si drizzano; almeno nella parte anteriore c'è qualche novità, con il pannello frontale con la griglia che è ripiegato subito sotto il petto, mentre le spalle si abbassano a diventare dei moduli laterali anteriori, ANCHE SE poi le braccia restano in vista con i pugni che letteralmente agguanto dei perni sulle gambe per tenere unito il veicolo! ^^'

Ma è pur sempre una sorta di CAMION CYBERTRONIANO, che cerca di ricordare l'iconico Frightliner terrestre, anche se non so quanto senso abbia rappresentare Optimus così anche su Cybertron se non si porta appresso un rimorchio, ok, però diciamo che la novità delle parti laterali anteriori non è male, così come ora le canne fumarie usate come armi o razzi di spinta, a seconda della direzione.

Ad aggiungere potenza di fuoco ci pensa il summenzionato modulino da sistemare frontalmente con i due laser in più, solo che non c'è poi posto dove poterlo nascondere, nel camion, anche se ci sarebbe volendo proprio dietro il pannello cui lo si aggancia. L'ascia d'Energon invece trova spazio comodamente in mezzo alle gambe nella parte posteriore del mezzo.

Il fatto delle braccia in vista alla fine non da così fastidio, a dire il vero, dato che si mimetizzano bene ai lati del veicolo, mentre è davvero una furbata l'assenza di ruote effettive, sostituite da 4 ruotine essenziali, di cui quelle anteriori sono rosse e si confono tranquillamente nella parte frontale delle spalle.

Insomma, alla fine non è affatto un brutto modellino, con aspetto fedele in entrambe le modalità e trasformazione ben realizzata e non troppo complicata, ma che però non esprime le potenzialità del personaggio poichè "degradato" alla classe Deluxe, laddove le varie gimmick che già questo SS doveva avere ( faccia con o senza mascherina, laser frontali a scomparsa ) sono invece finite nella versione estemporanea ed esclusiva giapponese di classe quasi Leader, il Brave Commander.

Magari riducendolo di classe hanno voluto renderlo più conveniente anche a chi non colleziona per forza gli SS, e di conseguenza così tutti i successivi One Studio Series, ma speriamo, come dicevo sopra, che in qualche maniera recuperino prima o poi anche la versione di Orion Pax e senza T-Cog, giusto per completezza. :)
-Video recensione
#transformers#hasbro#generations#autobot#autorobot#recensione#review#optimus prime#commander#orion pax#transformers one#one#movie studio series
5 notes
·
View notes
Text


HAPPY BIRTHDAY/BUON COMPLEANNO
Maestro DARIO ARGENTO
Regista, sceneggiatore e produttore cinematografico, nato a Roma il 7 settembre 1940. Capace di lavorare su generi cinematografici raramente affrontati dal cinema italiano (giallo, thriller, horror), ha creato un suo universo visivo ed espressivo, a tratti in debito con il cinema di Mario Bava. Ha inoltre assimilato e riproposto, sempre in chiave personale, il linguaggio di alcuni registi americani (Roger Corman, George A. Romero, Wes Craven). I suoi film, forti, tesi, ricchi di suggestioni, volutamente antirealisti e soprattutto capaci di suscitare forti emozioni, nascono "per essere rappresentati e non per essere letti. Nascono per immagini e non per concatenazioni di storie" (D. Argento, Profondo thrilling, 1994, p. 351). A partire dal 1973, si è dedicato alla produzione, oltre che di film propri, anche di quelli di altri registi, fra cui Romero, Lamberto Bava, Michele Soavi. Figlio del produttore cinematografico Salvatore e di Elda Luxardo, famosa fotografa di origine brasiliana, abbandonò presto gli studi per trasferirsi a Parigi, dove rimase per un anno vivendo di espedienti. Tornato poi a Roma iniziò a collaborare, poco più che ventenne, a giornali e riviste (in particolare al quotidiano romano "Paese sera" e a "Filmcritica"). Nel 1967 iniziò l'attività di sceneggiatore per film western e commedie, firmando tra l'altro, insieme a Bernardo Bertolucci, C'era una volta il West (1968) di Sergio Leone. Il suo esordio nella regia risale al 1970 con L'uccello dalle piume di cristallo, al quale hanno fatto seguito gialli di grande successo popolare (tra i quali Profondo rosso, 1975) e film di struttura più fantastica come Suspiria (1977) e Inferno (1980). Unica eccezione in questo percorso artistico così caratterizzato, il film di impianto storico, ma dai toni sarcastici, Le cinque giornate (1973).
Generalmente si considera la sua filmografia divisa in due fasi: in quella iniziale A. ha utilizzato sceneggiature dall'impianto apparentemente logico-razionale, con una serie di delitti compiuti da un assassino che viene smascherato al termine del film. A partire da Profondo rosso, uno dei film horror italiani degli ultimi trent'anni che ha maggiormente colpito l'immaginario dello spettatore, nelle sue storie sono risultati prevalenti gli elementi fantastici, e il dato visivo è diventato l'aspetto centrale del film, con un impasto di emozioni barocche e una colonna sonora che ha spaziato dalla musica classica al rock più ossessivo (per le scelte musicali A. si è affidato in particolare ai Goblin). In realtà, molti elementi rivelano una decisa continuità del suo lavoro: la claustrofobia di ambienti e situazioni (con una Torino ricreata come città incubo), le nevrosi dei suoi personaggi, un uso libero e delirante della macchina da presa che esalta la forza delle immagini senza troppo interessarsi della verosimiglianza di storie e dialoghi. Nei gialli dei primi anni, per es., ricorre un elemento decisamente antirealistico: le vittime, infatti, sono spesso pedinate dalla macchina da presa, che sembra così rappresentare il punto di vista dell'assassino, ma il colpo decisivo viene inferto da un diverso angolo visuale tanto da creare un effetto sorpresa per lo spettatore, violando volutamente le regole auree del giallo cinematografico. Più volte colpito dalla censura (Profondo rosso è uscito in Francia tagliato di quasi mezz'ora rispetto alla versione originale), A. ha saputo comunque conquistarsi un pubblico fedele e affezionato: le sue opere sono state distribuite in tutto il mondo ed è sicuramente uno dei registi italiani più noti all'estero. I suoi primi film (L'uccello dalle piume di cristallo; Il gatto a nove code, 1971; Quattro mosche di velluto grigio, 1971) hanno creato un genere e hanno avuto numerosissimi imitatori in Italia e all'estero, come testimonia la lunga serie di titoli in cui viene riproposta la zoologia fantastica che lo ha reso famoso. Anch'essi concepiti per un cast internazionale, ma meno facili da imitare, i suoi horror fantastici lo hanno avvicinato ai migliori autori dell'horror contemporaneo, quali Romero (con il quale ha instaurato un rapporto di collaborazione, essendo stato coproduttore del suo film Dawn of the dead, 1979, Zombi, e avendolo affiancato nel 1990 nella regia di Due occhi diabolici), e John Carpenter. Nel 1993 con Trauma, A. ha inaugurato il rapporto cinematografico con la figlia Asia che si è approfondito in seguito, in particolare per due film che l'hanno vista protagonista: La sindrome di Stendhal (1996) e Il fantasma dell'Opera (1998). Asia Argento, che ha lavorato con registi come Nanni Moretti, Abel Ferrara e Peter Del Monte, nel 2000 ha esordito nella regia con il film Scarlet diva.
Nel 2001 A. è quindi apparentemente ritornato a una struttura narrativa più tradizionale (il giallo classico) con Nonhosonno, anche se le emozioni visive hanno continuato a essere l'elemento più moderno e interessante. Il suo cinema, non sempre adeguatamente apprezzato dalla critica in Italia (che al più lo valuta come un discreto mestierante), è invece oggetto di culto soprattutto in Francia (dove nel 1999 gli è stata dedicata una retrospettiva completa presso la prestigiosa Cinémathèque française) e negli Stati Uniti, dove esiste una vasta e approfondita pubblicistica.
#dario argento#darioargento#giallofever#giallo#giallo fever#gialli#italian giallo#italian cult#cinema cult#cult#international cult#italian horror#master of horror#Italian director
6 notes
·
View notes
Text
Acqua. Terra. Fuoco. Aria. Mia nonna mi ha sempre raccontato meravigliose storie dei tempi passati, un'epoca di pace in cui l'Avatar manteneva l'equilibrio tra le Tribù dell'Acqua, il Regno della Terra, la Nazione del Fuoco e i Nomadi dell'Aria. Ma tutto questo cambiò quando la Nazione del Fuoco decise di attaccare. Solo l'Avatar, padrone di tutti e quattro gli elementi, avrebbe potuto fermare il feroce e inesorabile conflitto. Ma proprio quando il mondo ne aveva più bisogno, lui scomparve.
26 notes
·
View notes
Text

Tra i quattro elementi, i miti scelgono a proprio modello l’acqua: l’acqua che, se incontra un ostacolo, si arresta: se l’ostacolo si rompe, corre via; che è rotonda o quadrata secondo il recipiente in cui viene messa, e proprio per questa pieghevolezza, dicono i taoisti, è il più forte degli elementi. Come l’acqua, i miti ignorano la rigidezza: «smussano ciò che è affilato».
(Barbara Spinelli)
23 notes
·
View notes